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C’era una volta…. C’era una volta un uomo dal fisico possente seduto seminudo, unicamente coperto da un drappo bianco, in una stanza anch’essa completamente bianca. La stanza dell’antico Palazzo Sant’Ambrogio della Massima già apparteneva alla Storia. Nel centro del ghetto di Roma dall’Anno Mille, era diventato col tempo luogo di incontri diversi e, recentemente, luogo di Cultura Alternativa. Per Isabelle Fordin spazio metafisico - installazione del giugno 2002  La Chambre in occasione del progetto espositivo Rialtospaceifico. Le immagini colte, accompagnate da altre figure umane (un attore, una’attrice, una bambina), creano una nuova narrazione in un nuovo spazio : lo spazio del Museo Laboratorio d’Arte Contemporanea dell’Università di Roma La Sapienza - Esposizione Architetture del Bianco, settembre 2006.
L’opera d’arte non è solo oggetto, ma appunto narrazione. Racconta la sua storia, il suo esser-lì, nella stanza, ad interagire con le altre opere, narra la storia dell’arte e la storia dell’artista. L’opera d’arte sconfina.
L’immagine, fotografia fissata su tela, protetta da plexiglas ha un addobbo. Un pezzo di stoffa eccede dalla superficie della tela, crea un disordine apparente. In realtà allude all’incontro dell’arte aulica con l’arte popolare. Il drappo bianco che dall’antichità al rinascimento riveste, nel barocco sveste. II corpo della donna, talvolta ninfa, talvolta dea, diventa vestito, costume delle figure rappresentate nelle cartoline spagnole.
Se l’uomo, con il suo corpo possente, diventa leggero perché immerso nel suo pensiero, il drappo diventa oggetto-simbolo dell’abbandono, della caduta di Icaro, metaforico fallimento del progetto Leonardesco. L’uomo nella stanza bianca è colto in uno spazio atemporale, come le scimmie e la clava, l’uomo e l’astronave dell’odissea di cinematografica essenza.
La stanza stessa è luogo di incontro - dello spettatore con le opere. Una stanza che sembra abbandonata, buia, ma che diventa luogo di culto, se attraversata. Lo spettatore è l’esploratore che, torcia alla mano, va alla scoperta dell’opera, osserva la successiva e scopre che una narrazione si sta creando, che lui stesso è voce narrante nel momento in cui fruisce dell’immagine. Immagine statica. Viva. Entre deux. Da dietro il plexiglas essa respira, non è reliquia. Se ne può sentire il suono.
Di nuovo la mostra si fa evento. Diviene. Diviene con il suo pubblico. Il respiro dell’opera è anche il soffio dell’artista, che plasma le sue opere con una stoffa di paracadute, di un uomo in lenta discesa, ancora sospeso nella leggerezza, la taglia e ne immerge il pezzo scelto in una miscela di acqua e colla, vi soffia negli spiragli, lo cuce sulla tela lasciandolo diventare l’unico possibile sopravvissuto dell’effetto effimero della riproducibilità tecnica della fotografia, fissando così il volo al momento. In un gioco infinito di presenza - assenza.
L’opera di Isabelle Fordin narra dell’uomo metafisico, al di là dello spazio e del tempo. ‘la lunga rinascita dell’uomo libero’ è scritto su un quadro bianco segnato dal solo segno di un uomo che si tuffa. E lei stessa, l’artista, osa e diviene metafisica, abbandonando un drappo bianco nell’angolo della stanza, anarchico oggetto che crea movimento nello spazio statico del museo.

Uomo dal corpo possente : Giancarlo Paludi, attore della Societas Rafaello Sanzio, incontrato durante l’ideazione della Chambre, è venuto improvvisamente a mancare il giorno dopo il termine dell’esposizione. Questa mostra vuole anche rendergli omaggio
Attore: Valerio Michelucci, autore del testo recitato ispirato da una notte trascorsa nel letto bianco dell’esposizione
Attrice: Rita Bucchi

Bambina: Ilaria MGF

In occasione dell’Inaugurazione, La Notte Bianca 9 settembre 2006, apparizioni nello spazio: Manuela De Angellis e Carlotta Basurto

Frammenti sonori: scelti dal repertorio di Mike Cooper Fotografie: con l’assistenza di Martin Catz

Didascalie: Kiodus

Testo: Laurence Hoffman
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